JUNIO VALERIO BORGHESE
Da wikiSpedia.
Junio Valerio Borghese nasce a Roma il 6 giugno 1906 da padre italiano e madre tedesca. La sua famiglia ha dato alla Chiesa cardinali e addirittura un Papa (Paolo V). Borghese intraprende la carriera militare nella Regia Marina. Si fa onore durante la Seconda Guerra Mondiale a bordo del sommergibile Sciré, affondando numerose imbarcazioni alleate: per questo ottiene una medaglia d'Oro. Il giorno 1 maggio 1943 è nominato comandante della Decima Flottiglia Mas, reparto d'elite della Marina italiana. L'armistizio dell'8 settembre coglie Borghese di sorpresa nella caserma di La Spezia; il grosso delle Forze Armate italiane si sbanda ma nelle caserma della Decima tutto procede come se nulla fosse successo. Borghese è deciso a non cambiare alleato e stipula un accordo con i tedeschi con i quali il "principe nero" aderisce alla neonata Repubblica di Salò, ma mantiene autonomia organizzativa e operativa sui suoi uomini. Il carisma di Borghese e il suo prestigio spingono molti volontari ad arruolarsi nella Decima e questo provoca invidia e preoccupazione nei comandi militari della Rsi, i quali temono un colpo di stato di Borghese ai danni di Mussolini. Con una scusa il Duce lo convoca e lo tiene per una settimana agli arresti. Per pressione dei tedeschi Borghese è liberato, ma la sua autonomia è ridotta. I "marò" che per statuto dovrebbero combattere solo contro le truppe alleate, sono impiegati nella lotta contro i partigiani e in feroci rastrellamenti. Pochi giorni prima del 25 aprile Borghese si accorda con gli americani per avere salva la vita e quella dei suoi uomini in cambio di un regolare processo. Prima di lasciare Milano a bordo di una jeep americana, paga sei mensilità anticipate ai suoi militari e si fa consegnare le armi: "la Decima non si arrende, smobilita", disse Borghese. Dopo quattro anni di carcere è di nuovo libero grazie all'amnistia del 18 febbraio 1949. Aderisce al Movimento Sociale Italiano, nel quale ricopre l'incarico di presidente onorario dal 1951 al 1954. Si mantiene nell'ambiente del reducismo continuando ad intrattenere stretti rapporti con ex-repubblichini e vertici delle Forze Armate fino a fondare nel 1967 un suo partito: il Fronte Nazionale d'espirazione estremista, che raccolse il consenso di molti movimenti extraparlamentari di destra. Fin dal 1969 Borghese organizza un colpo di Stato con l'appoggio di generali dell'Esercito, guardie forestali e i militanti di Avanguardia Nazionale ed altri movimenti extraparlamentari. Il piano consiste nell'occupazione del Ministero degli Interni, del Ministero della Difesa, delle sedi RAI e dei mezzi di telecomunicazione (radio e telefoni) e la deportazione degli oppositori presenti nel Parlamento. Nei piani c'era anche il rapimento del Capo dello Stato Giuseppe Saragat e dell'assassinio del capo della Polizia, Angelo Vicari. A tutto questo sarebbe stato accompagnato un proclama ufficiale alla nazione, che Borghese stesso avrebbe letto dagli studi RAI occupati. Quando il piano è già in azione Borghese ordina l'immediato annullamento. Le motivazioni di Borghese per quest'improvviso ordine a poche ore dall'attuazione effettiva del piano non sono ancora certe e esenti da una possibile smentita. Si parla di un intervento della massoneria che avrebbe annunciato il venir meno di appoggi internazionali. Gli italiani sapranno del tentato golpe tre mesi dopo. "Paese sera" titola: "Piano eversivo contro la repubblica, scoperto piano di estrema destra". Il 18 marzo 1971 la magistratura di Roma emette mandati di arresto con l'accusa di usurpazione dei poteri dello stato e cospirazione per Borghese e altri congiurati. In seguito al fallimento del golpe, Borghese si rifugia in Spagna dove, non fidandosi della giustizia italiana, che nel 1973 revoca l'ordine di cattura, rimane fino alla morte, avvenuta a Cadice il 26 agosto 1974.