IL SOMMERGIBILE SCIRÈ

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LA SPEZIA - SCIRE' - 01.jpg

Nel 1935, il pericolo di entrare in guerra con la Gran Bretagna a causa della crisi etiopica, aveva spinto la Regia Marina a sviluppare nuovi sistemi d'assalto. Tra le armi più importanti che vennero fuori da questi studi vi fu l'S.L.C. , o "maiale", ideato da Teseo Tesei e Elios Toschi: essi si erano rifatti alla Mignatta con cui Paolucci e Rossetti avevano affondato la Viribus Unitis nel 1918. Il "maiale" era un siluro che veniva pilotato in immersione da due operatori fin sotto lo scafo della nave nemica ormeggiata in porto. In seguito la testata veniva rimossa, applicata al bersaglio e fatta esplodere da un congegno a tempo mentre gli operatori si ritiravano. Per trasportare questi "siluri umani" in prossimità dei porti nemici vennero appositamente attrezzate diverse unità navali, tra cui diversi sommergibili costieri della classe 600. Inizialmente i sommergibili furono dotati di quattro S.L.C. che venivano legati in coperta. Successivamente vennero installati sui battelli tre cilindri stagni (due a poppavia ed uno a proravia della vela) che permettevano di preservare asciutti gli ordigni fino a profondità di 90 metri a discapito del cannone prodiero che dovette essere eliminato. I sommergibili modificati furono l'Ambra, l'Iride, Scirè, il Gondar, il Grongo ed il Murena. Tra questi il più noto di tutti fu senza dubbio lo Scirè, appartenente alla serie Adua o "Africana" della classe 600, impostato il 30 gennaio 1937, varato il 6 gennaio 1938 e consegnato alla Regia Marina il 25 aprile dello stesso anno.

Indice

IL REGIO SOMMERGIBILE SCIRÈ

Costruito nei Cantieri O.T.O. di Muggiano, ebbe il nome della provincia africana in cui le truppe italiane avevano sconfitto quelle abissine nella recente guerra ponendo le basi per la creazione dell'A.O.I.
Le caratteristiche generali della serie Adua erano le seguenti: - Dislocamento: 683 t (in superficie) - 856 t (in immersione)
- Profondità max: 80 m con coefficiente di sicurezza 3
- Dimensioni: 60,18 m (lunghezza) - 6,45 m (larghezza) - 4,73 m (peschaggio)
- Potenza apparato motore: 1400 Hp (motori termici) - 800 Hp (motori elettrici)
- Velocità max: 14 n (in superficie) - 7,5 n (in immersione)
- Autonomia in superficie: 3.180 mg (a 10,5 n) - 2.200 mg (a 14 n)
- Autonomia in immersione: 74 mg (a 4 n) - 7,5 mg (a 7,5 n)
- Armamento: 6 t.l.s. da 533 mm (4 a prora e 2 a poppa); 1 cannone da 100/47; 2 mitragliere a.a. singole da 13,2mm
- Equipaggio: 44 (6 ufficiali)

All'ingresso dell'Italia nella Seconda Guerra Mondiale (10 GIUGNO 1940) lo Scirè era assegnato al Primo Gruppo Sommergibili, 15a Squadriglia con base a La Spezia e, al comando del C.C. Adriano Pini, fu impiegato immediatamente in Mediterraneo. Ottenne il suo primo successo bellico il 10 luglio 1940 quando affondò il piroscafo francese Cheik (1.058 t.) al largo dell'isola dell'Asinara, traendo poi in salvo i dieci superstiti del bastimento. Nell'estate dello stesso anno il comando passò al C.C. Junio Valerio Borghese e il battello fu attrezzato, a La Spezia, per il trasporto di tre S.L.C. mediante la rimozione del cannone prodiero da 100/47 e l'installazione di tre cilindri stagni, tutti rinforzati mediante centine esterne. I lavori di modifica furono completati con grande celerità ed il 24 settembre lo Scirè poteva già partire per la sua prima missione da "avvicinatore", la B.G. 1, che prevedeva il forzamento del porto inglese di Gibilterra da parte dei "maiali".

MISSIONE "B.G. 1" - 24 SETTEMBRE / 3 OTTOBRE 1940

Il 24 settembre 1940 il Regio Smg Scirè lasciò la base di La Spezia con a bordo i tre "maiali" e i relativi equipaggi (tre più uno di riserva) composti dai seguenti uomini:

  • Teseo Tesei
  • Alcide Pedretti
  • Gino Birindelli
  • Luigi Duran

Il comando dell'intera operazione era del C.C. Borghese. Si trattava di una delle primissime missioni operative per questa nuova forza di commandos e la scarsa preparazione degli uomini uniti alla non perfetta messa a punto dei mezzi crearono non pochi timori sia tra i membri dell'equipaggio del sommergibili sia tra gli uomini dei "maiali". Tuttavia tutto andò per il meglio ma il 29 settembre, quando già lo Scirè aveva già attraversato lo Stretto di Gibilterra e si trovava a meno di 60 mg dall'obiettivo, l'operazione fu annullata da Supermarina a causa dell'assenza dal porto nemico degli obiettivi prefissati. Il 3 ottobre il sommergibile attraccò alla base navale di La Maddalena senza che si fosse potuto neppure provare l'efficienza della nuova arma.

MISSIONE "B.G. 2" - 21 OTTOBRE / 3 NOVEMBRE 1940

Di lì a poco, il 21 ottobre, il sommergibile partiva di nuovo da La Spezia con i suoi tre "maiali" nei cilindri stagni sempre alla volta di Gibilterra per attaccarla nel succesivo plenilunio. Questa volta però incappò nelle vedette nemiche che il 27 ottobre impedirono a Borghese, per ben due volte, di oltrepassare in superficie lo Stretto di Gibilterra. Solo il giorno 29 lo Scirè riuscì ad oltrepassare lo stretto in immersione e dopo 40 ore estenuanti di immersione silenziosa penetrò incolume nella baia di Algeciras;il 30, adagiatosi sul fondo, rilasciò i tre siluri pilotati dai seguenti equipaggi:

  • De La Penne-Bianchi
  • Tesei-Pedretti
  • Birindelli-Paccagnini.
Gibilterra era stata violata!
Il sommergibile aveva trasportato indenne le sue armi a poche centinaia di metri dagli obiettivi e, non appena le operazioni di rilascio dei mezzi vennero completate, iniziò le manovre di disimpegno che lo avrebbero riportato in Italia il 3 novembre. Non era infatti previsto che fosse lo Scirè a recuperare gli equipaggi dei S.L.C. ma era stata organizzata in proposito una operazione dei Servizi Segreti della Regia Marina in Spagna, questo per non mettere a repentaglio la sicurezza del prezioso battello. Purtroppo i mezzi d'assalto non ebbero fortuna, infatti l'equipaggio De La Penne-Bianchi venne scoperto quasi subito dal nemico e fu bombardato. Il S.L.C. affondò ma i due uomini poterono ritornare a nuoto ad Algeciras dove furono recuperati e rimpatriati. Tesei e Pedretti, nonostante qualche avaria al mezzo riuscirono a raggiungere il molo nord del porto ma dovettero rinunciare alla missione a causa di un guasto ai respiratori. Questo però non impedì neanche a loro di rientrare in Spagna da dove furono trasferiti a La Spezia. L'ultimo equipaggio, Birindelli-Paccagnini, ebbe le stesse noie dell'altro ma riuscì in un modo o nell'altro a raggiungere l'HMS Barham. Birindelli, esausto, fu catturato mentre cercava di installare la mina sulla nave mentre il suo sommozzatore era già caduto nelle mani dei nemici. Vennero liberati all'atto dell'armistizio.
Indubbiamente la missione si rivelò un fiasco, perché nessun obiettivo era stato raggiunto e si erano perduti due uomini. Tuttavia l'insuccesso era stato ricco di insegnamenti tecnici e tattici: fu palese che i "maiali" dovevano ancora essere perfezionati per ovviare alle avarie che li avevano fermati e che lo stress del trasferimento degli operatori a bordo del sommergibile era eccessivo se si sommava a quello enorme che subivano poi durante il sabotaggio vero e proprio. Nonostante tutto gli uomini avevano dimostrato grande valore.

Andava poi riconosciuto il merito a Borghese di aver eluso la sorveglianza inglese, penetrando a Gibilterra e rientrando in Italia senza subire danni. Per questi motivi Borghese (che fu nominato Capitano di Fregata) e Birindelli vennero insigniti della Medaglia d'Oro al Valor Militare e tutti gli altri uomini che avevano partecipato ricevettero la Medaglia d'Argento. Per il battello iniziò un periodo di ammodernamento che portò alla sostituzione della vela (ne venne adottata una meno massiccia di tipo tedesco) e ad una colorazione mimetica simile a quella già applicata sugli altri sommergibili operanti nel Mediterraneo.

MISSIONE "B.G. 3" - 15 / 31 MAGGIO 1941

Lo stemma della X flottiglia MAS Il 1° maggio 1941 il reparto di incursori che operava con mezzi d'assalto assunse la denominazione ufficiale di Xa Flottiglia MAS al cui comando fu posto Vittorio Moccagatta mentre i reparti subacquei e di superficie vennero posti rispettivamente agli ordini di Junio Valerio Borghese e di Giorgio Giobbe. La terza missione dello Scirè fu programmata per la fine del mese di maggio dello stesso anno e gli insegnamenti degli insuccessi precedenti furono messi in pratica: per evitare di sottoporre gli incursori all'inutile stress e al pericolo del viaggio e dell'attraversamento dello stretto, gli equipaggi dei S.L.C. vennero trasferiti in aereo in Spagna e imbarcati sulla petroliera italiana Fulgor, internata a Cadice all'inizio delle ostilità. Occorre a questo punto fare una breve parentesi su cosa volesse dire una crociera in acque nemiche a bordo di un sommergibile. La vita all'interno di questo "sigaro" di acciaio era molto difficile a causa del pochissimo spazio abitabile, sacrificato semmai per stivare un maggior numero di siluri e carburante: non erano neppure presenti cuccette per tutti così da costringere a compiere turni anche per riposare. Gli uomini dovevano rimanere sottocoperta anche quando l'unità era in superficie per essere pronti in caso di immersione rapida e perché il ponte aveva dimensioni ridottissime. A questi problemi si univano quelli igienici (il battello non aveva spazio per stivare molta acqua) e quelli legati al cibo, cucinato in spazi ristretti e, in genere, molto poco puliti. In queste condizioni gli uomini navigavano per giorni, costretti spesso ad immersioni interminabili spossati dalle esplosioni di bombe di profondità che non si vedevano arrivare, ciechi in un mondo che si percepiva solo attraverso i suoni trasmessi dallo scafo e dalla strumentazione ancora piuttosto rudimentale, costretti a fare meno rumore possibile, sottoposti a grandi sbalzi di temperatura, mai illuminati dalla luce del sole e frequentemente colpiti da avarie alle apparecchiature. Tutto questo senza perdere d'occhio gli obiettivi della missione che, nel caso dello Scirè consistevano in pericolose, lente e complicate manovre a pochi passi dalle basi nemiche. In caso di attacco nemico lo questo sommergibile era già in partenza orfano di una importante arma come il cannone da 100/47, sacrificato per far posto ai cilindri dei "maiali", cilindri che poi riducevano notevolmente l'agilità del battello in caso questo dovesse sfuggire ad un attacco portato con bombe di profondità. Come appare evidente le missioni erano estremamente stressanti per gli uomini e, in considerazione del fatto che gli operatori dei S.L.C. dovevano sopportare una fatica fisica e psicologia ancora maggiore, si decise di

MISSIONE "B.G. 4" - 10 / 25 SETTEMBRE 1941

A seguito della tremenda disfatta subita dai mezzi d'assalto italiani a Malta Junio Valerio Borghese assunse il comando provvisorio della Xa Flottiglia MAS e di nuovo toccò al suo battello, lo Scirè, portare i S.L.C. a Gibilterra. Si decise di adottare la strategia che si era dimostrata valida nella precedente missione, che era appunto quella di trasferire gli operatori a bordo della Fulgor a Cadice. Le coppie in pratica erano le stesse che a maggio avevano mancato il successo per così poco: Catalano-Giannoni, Vesco-Zozzoli, ilasciat-Magro e Marceglia-Schergat in riserva. Il medico questa volta, era Giorgio Spaccarelli. Il 10 settembre lo Scirè partì di nuovo per la Spagna e, una volta in Atlantico, raggiunse Cadice ove penetrò silenziosamente la notte del 18 per imbarcare gli equipaggi delle torpedini. Il giorno successivo l'incontro con un mercantile nell'Atlantico costrinse Borghese ad un'abile manovra di disimpegno che gli permise di non farsi intercettare. La notte risalì la baia di Algeciras e si fermò alla foce del fiume Guadarranque posandosi sul fondale a 10 m di profondità per rilasciare il suo "carico". Mentre il sommergibile ripartiva all'1.07 del 20 settembre i S.L.C. raggiunsero il porto di Gibilterra. Vasco e Zozzoli assicurarono la loro arma alla petroliera Fiona Shell (2.444 t), Catalano e Giannoni all'HMS Durham di 10.900 t (dopo che erroneamente l'avevano attaccata alla nave italiana internata Pollenzo) mentre ilasciat e Magro non riuscirono a penetrare nel porto minando, in rada, la petroliera militare Denbydale (15.893 t) che aveva al suo fianco una petroliera più piccola. Gli idrofoni del battello "avvicinatore" in ritirata captarono delle detonazioni: erano esplosioni di vittoria. Esse annunciavano insieme l'affondamento delle navi nemiche (alcune delle quali poterono essere recuperate e reinserite numerosi mesi dopo.
Il 25 settembre lo Scirè attraccò a La Spezia dove fu poi raggiunto da tutti gli operatori dei "maiali" che ricevettero la Medaglia d'Argento al Valore Militare. Junio Valerio Borghese fu promosso Capitano di Vascello. Nonostante per ottenere un risultato così importante fossero andati sprecati sei S.L.C., tre viaggi a vuoto del sommergibile Scirè e nonostante la perdita di due uomini (peraltro catturati vivi dagli inglesi), il risultato della quarta missione dimostrò come con equipaggi ben addestrati e pochi mezzi si potessero raggiungere obiettivi di grande spessore tattico. Si pensò quindi a come poter sfruttare gli insegnamenti di Gibilterra nel Mediterraneo per capovolgere in favore della Regia Merina la situazione navale. L'occasione arrivò verso la fine del 1941 quando da un rapporto si evinceva che la flotta inglese nel Mediterraneo risentiva della penuria di corazzate: le uniche due navi operative di questo tipo, infatti, venivano custodite gelosamente nel porto di Alessandria d'Egitto per evitare di esporle ad eccessivi rischi. Il compito di metterle fuori combattimento fu affidato agli uomini della Xa Flottiglia MAS trasportati ancora una volta dall'ormai famoso Regio Sommergibile Scirè del C.V. Borghese. In realtà si erano già registrati due tentativi di forzamento della base di Alessandria nel 1940 ma in entrambi i casi si erano risolti con l'affondamento dei sommergibili che trasportavano i "maiali": l'Iride ed il Gondar.

MISSIONE "G.A. 3" - 3 / 28 DICEMBRE 1941

Se per quanto riguardava la missione dello Scirè, questa poté essere preparata con relativa cura nei suoi dettagli, quella dei "maiali" risultava molto più complicata da pianificare perché molto poco si conosceva sulle difese della munitissima Alessandria e ben poco si poteva prevedere per quanto riguardava il recupero degli operatori dei siluri in quanto, al contrario di Gibilterra, la città egiziana si trovava in una vasta zona in mano al nemico. Gli incursori dopo aver minato le navi nemiche avrebbero dovuto affidarsi ai propri mezzi per abbandonare l'Egitto e per questo si decise di mandare sui S.L.C. esclusivamente dei volontari. Il primo ad offrirsi fu il giovane T.V. Luigi Durand De La Penne (unico superstite di quelli che all'inizio del conflitto facevano già parte della forza d'assalto) che non faticò a reclutare i restanti cinque uomini: il Cap. G.N. Marceglia, il Cap. A.N. Martellotta, e i capi palombari Bianchi, Marino e Schergat. Lo Scirè completò il carico di maiali e partì da La Spezia la notte del 3 dicembre per intraprendere la più lunga e difficile missione della sua breve carriera operativa. Il sommergibile navigò in emersione fino alle Eolie sfuggendo alla vista di un piroscafo francese e di tre aerei nemici e nello stretto di Messina fu affiancato da un motoscafo che consegnò alcuni aggiornamenti e dati riguardanti la missione. Successivamente il battello subì un avaria ad un motore termico ma, nonostante tutto, l'abilità del comandante Borghese riuscì a disimpegnarlo da un sommergibile inglese che lo aveva intercettato. La sera del 9 dicembre il sommergibile raggiunse, dopo una travagliata crociera, l'isola di Lero nelle Sporadi Meridionali, in mano agli Italiani, per rifornirsi e ricevere il personale della Xa Flottiglia MAS trasferito in aereo. Gli operatori raggiunsero Lero il 14 ed il 16, completate le riparazioni, lo Scirè partì per la parte più delicata della missione: l'avvicinamento ad Alessandria. Il 17 il comando di Atene informò Borghese che due grosse navi erano ormeggiate all'interno del porto: l'operazione entrava nel vivo. Dopo 23 ore ininterrotte di navigazione silenziosa attraverso campi minati e secche il comandante portò il battello sul punto prefissato per il rilascio la sera del 18 dicembre. Il sommergibile fu fatto posare sul fondo e alle 20.47 iniziarono le operazioni che risultarono più difficili del solito e portarono al ferimento di uno degli operatori che fu sostituito. Un'ora dopo lo Scirè riprendeva la via di Lero ma a causa della non perfetta chiusura dei tubi di poppa dovette emergere due volte, inutilmente, per cercare di rimediare all'avaria. Per evitare di compromettere la missione degli incursori Borghese fece immergere il battello fortemente appoppato e rimase sott'acqua per parecchie ore. Dovette ricorrere successivamente, di nuovo, all'immersione per l'arrivo di una nave da guerra. Riemerse infine all'1.00 e fu informato da Atene che una ricognizione aerea aveva rivelato diversi incendi all'interno del porto. Il 21 dicembre il sommergibile attraccò alla base di Lero dove sbarcò il ferito e si rifornì di nafta e viveri per affrontare il lungo rientro in Italia. I particolari dell'assalto furono resi noti solo qualche anno dopo dallo stesso Durand De La Penne: egli raccontò che dopo aver lasciato lo Scirè i tre "maiali" dovettero navigare molto lentamente a causa di una leggera avaria ad uno di essi. Nonostante le mute dovessero essere stagne l'acqua vi penetrava abbondantemente facendo patire un grande freddo ai sei operatori che le indossavano. Vi era un'enorme difficoltà ad orientarsi a causa dell'oscurità che avvolgeva la costa e quindi gli uomini si dovettero basare sull'andamento dei fondali, cosa che li costrinse a numerosissime soste per scandagliare. Dopo ben due ore di navigazione (va detto che gli uomini navigavano normalmente con la sola testa sopra il pelo dell'acqua) essi arrivarono in prossimità del promontorio Ras-el-Tin il cui faro li illuminò improvvisamente senza però che i nemici li intercettassero. In lontananza si potevano già sentire le esplosioni delle bombe di profondità sganciate dagli inglesi all'ingresso del porto per scoraggiare eventuali aggressori. La situazione si stava facendo critica perché gli operatori erano intirizziti dal freddo e già esausti, quando ancora la parte più difficile della loro missione era lontana. Di punto in bianco, però, un inatteso colpo di fortuna fece sì che venissero accese le luci di imbocco del porto per permettere ad una formazione inglese di entrarvi. Durand De La Penne inizialmente pensò di essere stato scoperto ma non appena realizzò come stavano le cose si accodò, insieme agli altri equipaggi, ad un cacciatorpediniere per approfittare della temporanea interruzione della protezione all'imbocco della base. Erano riusciti a penetrare nel porto di Alessandria! Una volta all'interno i tre S.L.C. si divisero velocemente in base ai compiti che gli erano stati assegnati in precedenza: Durand De La Penne e un altro "maiale" si diressero verso le due corazzate, mentre il terzo equipaggio doveva danneggiare la portaerei HMS Eagle (se presente) o in alternativa una grossa petroliera. Le navi erano protette da recinzioni che però furono neutralizzate in breve tempo e i militari, ormai quasi paralizzati dal freddo, arrivarono in immersione sotto i rispettivi bersagli. Il siluro di Duarand De La Penne tocco il fasciame della HMS Valiant e affondò a 17 m di profondità, dove si arrestò. Lui ed il suo palombaro cercarono di ripetere l'attacco ma il "maiale" non ne volle sapere di ripartire. Il palombaro, avendo esaurito le proprie forze svenne e ritornò a galla dove fu arrestato dagli inglesi. Rimasto solo, Durand De La Penne decise di proseguire ugualmente anche se ormai era esausto e quasi assiderato, trascinò il suo mezzo sotto la chiglia della nave ma non ebbe la forza di staccare la testata e decise di armarla lo stesso, visto che si trovava a meno di due metri dal fasciame. Abbandonato il mezzo che lo avrebbe dovuto portare in salvo emerse finalmente ma fu intercettato da vedette inglesi e arrestato. Gli altri due equipaggi che nel frattempo erano riusciti a minare gli scafi della HMS Queen Elizabet e dell'HMS Sagona, elusero la sorveglianza nemica dileguandosi. Durand De La Penne pochi minuti prima dell'esplosione volle parlare con il comandante dell'HMS Valiant per informarlo del pericolo, pregandolo di mettere in salvo l'equipaggio. In effetti questo fu salvato ma l'ufficiale italiano fu lasciato in una cella che si trovava proprio sopra la torpedine. Nonostante tutto riuscì a fuggire dopo la detonazione, fu di nuovo internato e r ilasciato dagli inglesi solo dopo l'armistizio. Anche le altre cariche esplosero causando l'affondamento delle navi già citate, quello dell'HMS Jarvis (che si trovava accanto alla petroliera) e l'incendio di moltissimo petrolio. Il giorno seguente, il 20 dicembre, gli operatori degli altri due S.L.C. furono arrestati in città. Gli Inglesi dopo questa umiliazione cercarono di celare l'accaduto e quindi solo nei primi giorni di gennaio si ebbe la conferma ufficiale dei danni arrecati al nemico. A causa dei bassi fondali le navi non erano affondate completamente ma furono inutilizzabili per quasi un anno e mezzo. La missione diede una grande boccata d'ossigeno ai convogli italiani per la Libia e ristabilì per qualche tempo l'equilibrio tra le forze navali contrapposte. Quella del 19 dicembre 1941 è sicuramente la più ardita e celebre missione di commandos della storia: il suo successo fu dovuto in parte all'organizzazione tattica ed agli insegnamenti delle esperienze precedenti (a volte molto tristi), in parte all'ardore ed alla prontezza degli uomini (sia l'equipaggio dello Scirè sia quelli dei "maiali") che si adattarono a condizioni molto difficili e seppero far fronte situazioni impreviste. Per quanto riguarda lo Scirè, questo era reduce da una crociera lunga e massacrante in cui, nonostante molti inconvenienti tecnici, si era abilmente disimpegnato dal nemico in più occasioni, accompagnando i "siluri umani" in mezzo a campi minati ed a zone fortemente pattugliate dal nemico. Dopo questa missione il battello in questione entrò nella leggenda e tuttora, insieme al Leonardo Da Vinci, è forse il più famoso sommergibile italiano di tutti i tempi. Al principe Borghese fu quindi chiesto di dedicarsi a tempo pieno al comando della Xa Flottiglia MAS che gli fu definitivamente affidato e lasciò quello del sommergibile.

MISSIONE "S.L. 1" - 27 LUGLIO / 10 AGOSTO 1942

Dopo i successi maturati l'anno precedente il Comando Italiano decise, per l'estate del '42, di attaccare il porto israeliano di Haifa dove erano presenti numerose unità inglesi e affidò il compito agli uomini della Xa Flottiglia MAS che avrebbero dovuto intraprendere un'azione simile a quella di Alessandria d'Egitto. Ancora una volta fu chiamato lo Scirè per portare i "maiali" a destinazione. Per questa operazione il comando fu affidato al C.C. Bruno Zelik che, sul Regio Smg. Onice, aveva già compiuto diverse missioni di guerra di fronte alle coste israeliane. Dopo aver ultimato i preparativi e caricato i S.L.C., la sera del 27 luglio lo Scirè partì da La Spezia per Lero, dove arrivò senza problemi il 2 agosto. Il 4 arrivarono nell'isola egea, in aereo, anche gli operatori della Xa Flottiglia MAS e, completati i rifornimenti di viveri e nafta, la missione entrò nel vivo la mattina del 6 quando il sommergibile partì per il suo ultimo viaggio. L'operazione era stata organizzata in collaborazione con il Comando Aereo Tedesco dell'Egeo che i giorni 9 e 10 inviò propri apparecchi in ricognizione sopra la zona di Haifa. Il Comando Italiano telegrafò quindi al proprio battello la lista dettagliata delle unità nemiche presenti nel porto e la loro esatta posizione. Poi del Regio Smg. Scirè e del suo valoroso equipaggio non si seppe più nulla.

MEDAGLIA D'ORO AL VALORE MILITARE

Nel 1943 al sommergibile venne assegnata, in onore alla sua breve e prestigiosa carriera, la Medaglia d'Oro al Valore Militare con il seguente decreto:
"Sommergibile operante in Mediterraneo, già reduce da fortunate missioni d'agguato, designato ad operare con reparti d'assalto della Marina nel cuore delle acque nemiche, partecipava a ripetuti forzamenti delle più munite basi mediterranee. Nel corso dei reiterati tentativi di raggiungere lo scopo prefisso, incontrava le più aspre difficoltà create dalla violenta reazione nemica e dalle condizioni del mare e delle correnti. Dopo aver superato col più assoluto sprezzo del pericolo, gli ostacoli posti dall'uomo e dalla natura, riusciva ad assolvere in maniera completa il compito affidatogli, emergendo a brevissima distanza dall'ingresso delle munitissime basi navali nemiche prescelte ed a lasciare - così - le armi speciali che causavano a Gibilterra l'affondamento di tre grossi piroscafi e ad Alessandria gravi danni alle due navi da battaglia Queen Elizabeth e Valiant, il cui totale affondamento veniva evitato solo a causa dei bassi fondali delle acque in cui le due unità erano ormeggiate. Successivamente, nel corso di altra missione particolarmente ardita, veniva spietatamente aggredito e scompariva nelle acque nemiche, chiudendo così gloriosamente il suo fulgido passato di guerra".
Mediterraneo, 28 Aprile 1943
Regio Decreto, 10 giugno 1943

L'ARMISTIZIO

Solo dopo i fatti dell'8 settembre 1943 in Italia si apprese la vera sorte del sommergibile, o meglio si ebbe la conferma ufficiale di ciò che purtroppo era già evidente: la mattina del 10 agosto di un anno prima lo Scirè era stato avvistato in emersione dall'HMS Islay mentre, a 20 mg da Haifa, si stava portando sul punto stabilito per il rilascio dei "maiali". Lo stesso pomeriggio la medesima unità lo individuò nuovamente e alle 16.15 iniziò un violento e preciso attacco per mezzo di bombe di profondità compiendo una lenta e snervante spirale che presto si chiuse sopra il sommergibile. Il battello italiano venne colpito e, danneggiato, emerse per tentare di contrattaccare a mezzo dei siluri di prora che vennero prontamente armati. Giunto in superficie fu investito da un violentissimo tiro di artiglieria e non ebbe il tempo di poter lanciare le sue armi visto che la mancanza del cannone gli impediva di organizzare la seppur minima copertura. In pochi istanti il sommergibile venne affondato e si posò sul fondo sabbioso ad appena 32 m di profondità. Nonostante tutto molti compartimenti stagni ressero e trentacinque sopravvissuti si raggrupparono per tentare di salvarsi attraverso boccaporto di poppa dopo aver allagato i locali macchine per stabilizzare ciò che restava dello scafo. Sebbene il battello fosse ferito a morte l'HMS Islay si accanì sul relitto e pochi istanti prima che il primo uomo potesse salvarsi lo Scirè fu finito e divenne la bara del suo equipaggio. Tutti i sessanta uomini (di cui undici della Xa Flottiglia MAS) morirono quel giorno ad Haifa e solo le salme di due degli incursori furono rinvenute sulle spiagge e seppellite con i massimi onori nel cimitero cristiano di Haifa. In questo modo agghiacciante si compì fine del Regio Smg. Scirè (e di innumerevoli altri battelli di ogni nazionalità) che giace tuttora in quel luogo di coordinate Nord 32° 54', 5 - Est 34° 58'.

IL RELITTO

Nel 1960 venne deciso di recuperare il relitto dello Scirè per seppellire gli uomini che giacevano al suo interno dal 10 agosto 1942 ma, nel timore di far esplodere le munizioni presenti nel sommergibile, l'operazione fu accantonata. La Marina Militare italiana eseguì un altro sopralluogo nel 1963 ma solo nel 1984 si stabilì di sfruttare le tecnologie della Nave Anteo per estrarre le salme ed alcune parti dello scafo. Secondo i palombari che parteciparono alle operazioni il battello era diviso in due tronconi collegati forse tramite la chiglia e a propra della vela vi erano evidenti segni di un'esplosione. Sul troncone di prua mancavano il pagliolato ed il tagliareti ed era completamente a nudo lo scafo resistente. Dai T.L.S. fuoriuscivano le testate degli ordigni, che non avevano avuto il tempo per essere lanciati (e forse per cambiare l'esito della vicenda). La parte poppiera era coperta di rottami. Entrambi i periscopi risultavano completamente alzati ed i timoni di profondità erano "a salire". Insieme a parti dello scafo (ora conservate in diversi musei o divenute monumenti), furono finalmente riportate in superficie (dopo quarantadue anni) le spoglie di quarantadue membri dell'equipaggio ed ora riposano nel Cimitero dei Caduti d'Oltremare di Bari. Un accordo tra i governi di Italia ed Israele garantì il rispetto di ciò che venne lasciato sul fondo. Nell'ottobre del 2002 il caso dello Scirè venne di nuovo a "galla" perché durante un'esercitazione navale tra la flotta israeliana e la 6a Flotta statunitense pare che le ancore di una nave si siano incastrate sul relitto e che, nel tentativo di liberarlo questo sia stato spezzato aprendo i compartimenti sigillati nel 1984 per evitarne la profanazione. Voci poi smentite hanno parlato anche di un maldestro tentativo di recupero del relitto.

CONCLUSIONE

In sintesi questa è la storia del Smg. Scirè che in appena quattro anni di attività portò lustro e onore alla Regia Marina e permise per qualche tempo, con le sue azioni, un certo equilibrio tra le flotte nemiche nel Mediterraneo. Per questi motivi lo Scirè, il suo equipaggio e gli uomini della Xa Flottiglia MAS sono diventati leggendari, non solo in Italia ma anche nelle marine estere, comprese quelle che nella Seconda Guerra Mondiale erano l'obiettivo dei nostri "maiali".

GALLERIA FOTOGRAFICA

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