LE VASCHE IN VIA CHIODO
Da wikiSpedia.
Da sempre i giovani hanno un luogo dove incontrarsi. 40 anni fa a La Spezia si vedevano in questa arteria del centro. Ecco cosa facevano
Quando giro per via Prione, specie il sabato pomeriggio, comprendo subito perché quel viavai si chiama struscio. Per il numero di persone che girano avanti e indietro per l'antica strada, quante volte, infatti, ti scontri con qualcuno. Per questo preferisco evitarla nell’ora di punta e penso di non essere l'unico visto che di fatto i padroni assoluti dell'arteria sono gli adolescenti. Non me ne scandalizzo: i più giovani hanno sempre avuto la necessità di avere un luogo loro per incontrarsi e praticare la loro vita di relazione. Noi ai nostri tempi ci vedevamo in via Chiodo, che era allora (parlo di più di quarant'anni fa) la regina incontrastata delle strade cittadine. Era il salotto elegante della città, il gioiellino che La Spezia esibiva orgogliosa per le luci, le vetrine, l'arredo fine e chic che a quei tempi era difficile trovare altrove. I negozi erano raffinati e si distinguevano esibendo merce di gusto e, ahimè, costosa che non era certo all’altezza della maggior parte delle tasche di chi vi camminava. Se qualcuno avesse detto che qualche decennio dopo ci sarebbero stati le botteghe dei Cinesi, una botta di “belinòn” era il minimo che gli poteva capitare. Era lì che noi ci ritrovavamo puntuali a compiere la nostra cerimonia pomeridiana. Ogni rito ha la sua liturgia codificata, soprattutto poi quando il culto non ha rivali. Non esisteva altro luogo di aggregazione, diversamente da oggi dove a fare concorrenza a via Prione c’è il Kennedy, che chiamano così senza premettergli Centro. Neppure questo è segno dei tempi, ma solo una costante del linguaggio che sempre ha la tendenza a semplificare, a farsi veloce e sintetico per essere più efficace. A cambiare sono solo le parole. Noi chiamavamo vasca quel nostro passeggiare in su e in giù, senza requie né posa come Paolo e Francesca nel girone dei lussuriosi: proprio come loro a trascinarci era il vento della passione. La differenza rispetto ai dannati di Dante era che però noi l’anima gemella non l'avevamo ancora trovata, altrimenti la nostra vasca si sarebbe svolta lungo il lato mare di via Chiodo, quello più prossimo ai giardini ed alle loro panchine. Le immaginavamo quali comode alcove sulle quali accomodarci con la “fantela” di turno felice di farsi trafiggere con noi dalle frecce ardenti di Cupido. Tuttavia, il raggiungimento di tale paradiso era riservato solo a pochi beati che erano inseguiti dagli sguardi invidiosi della massa dei dannati condannati alle loro vasche dall'altro lato. Oggi si sorride, allora era forte il cruccio.
I tempi erano quelli: noi non avevamo il motorino e il calendario che tenevamo era, al più, quello di frate Indovino. Anche della parola vasca non si capiva con prontezza il significato. Non essendoci ancora la piscina, mi chiedevo perché mai si dicesse vasca fino a che a spiegarmi l'arcano non intervenne un amico, altrettanto provvido di quello che un po’ prima mi aveva spiegato come funzionava con le femmine. Quando eravamo stanchi, ci riposavamo sui banchi della “Birreria Dreher” che era dove ora c’è un franchising di abbigliamento. Il gestore era una persona gentile che sopportava la nostra presenza anche se consumavamo poco o niente. Il portafoglio permetteva solo qualche moneta per suonare Il Pescatore di Fabrizio o Lo Straniero di Moustaki. Per un po’, poi, sono stato lontano dalla Spezia e quando sono tornato la Dreher era chiusa. Al gestore, mi han detto, era venuta voglia di volare ed aveva aperto la finestra dimenticando, però, di socchiudere le ali. Se n'era andato e con lui la giovinezza di una generazione.
di Alberto Scaramuccia