TOPONIMO LA SPEZIA
Da wikiSpedia.
La nostra provincia ha il proprio nome SPEZIA preceduto dall’articolo “La”, del quale, però, parlerò diffusamente in seguito. Nel latino medievale curialesco, ben diverso da quello classico di Cicerone, il toponimo è variamente indicato come “Spedia, Spexia, Specie, Spetia, Spezie, e, finalmente, Spezia”.
Varie ipotesi sono state proposte circa l’etimologia di quel
nome, che compare, per la prima volta, in un atto notarile del
1161, nel quale è citato un tale “Baldus de Spetia”, ma nessuna
di esse ha trovato un credito tale da essere ritenuta quella valida.
Si è pensato che derivasse dal latino “hospitia”, collegato con l’ipotesi
che sia sorta quale rifugio (hospitium)’ dei profughi
della distrutta Luni, un’altra che si richiamava al latino
“expedio”, con riferimento alla spedizione del sale prodotto
nelle saline del golfo (Spedia da expediendo), ipotesi che
potrebbe essere condivisa dagli spedizionieri marittimi, ma errata
perché il toponimo esisteva prima ancora che esistessero le
saline (che risalgono al massimo al sec. XIV).
Altra ipotesi connette il nome al verbo latino “despicere”
(guardare dall’alto verso il basso), riferendosi al panorama che si
gode dall’alto delle colline che circondano il nostro Golfo; si è
pensato che derivasse dal nome di un antico castello che sorgeva
nei pressi di Biassa, del quale non è stata mai accertata l’esistenza.
Ubaldo Mazzini propose la denominazione dal nome personale
romano Aspetius, riferito a cosa di genere femminile, come
una “villa” (podere) o strada Aspetia; Ubaldo Formentini riteneva
che il nome fosse lo stesso del torrente che scorreva ove ora è
situato Corso Cavour. A suffragio di questa origine idrica del
nome (un così detto idronomo), vi sono evidenti esempi nelle
nostre vicinanze: l’Aulla ha tratto il proprio nome dall’omonimo
torrente, ora detto Aulella, l’Avenza dal torrente (ora detto
Carrione) che in antico era detto Lavenza.
Ipotesi formulata recentemente fa originare il toponimo dal
greco Aspis, emergenza rocciosa montuosa; un’altra, ancor più
recente, avanzata dal prof. Geo Pistarino dell’Università di
Genova, secondo la quale Spezia deriverebbe dal germanico
SPITZE, che significa emergenza collinare, poggio, il che ben si
collegherebbe col nome del primo insediamento che avvenne
proprio al Poggio. Prova di questa derivazione sarebbe che nei
documenti antichi si legge Specie, Specie, con quella terminazione
in “e” del germanico Spitze.
Ma Paolo Emilio Faggioni riteneva che derivasse dal latino o
dall’etrusco, oppure da una antichissima lingua scomparsa,
come quella preindoeuropea parlata dai Liguri.
Io non formulo ipotesi etimologiche, ma mi limito ad informarvi
che in Grecia, all’ingresso del golfo di Nauplia nel
Peloponneso vi sono due isole, una più grande detta “Spezzia”
(Spetsies in greco), l’altra, minore, Spetsiòpula. Accenno, infine,
al fatto che secondo Giancarlo Fusco, in Grecia vi è la città
più spezzina di quella nazione, perché si chiama COTZANI,
quasi, cioè, come “Cozzani”, cognome spezzino per eccellenza.
Ma, tornando, come suol dirsi, a bomba, abbiamo visto che
vi era una costante incertezza nel rendere graficamente quella
che era soltanto una voce dialettale, latinizzata in “SPEDIA”,
che poi sarà la forma mantenuta costantemente in tutti gli atti,
passando attraverso le già citate modificazioni grafiche, alle
quali si possono aggiungere anche Speca, Aspecia, Especia, la
Spezza, finché, nel 1766, appare nella forma attuale: La Spezia.
Tralasciamo, en fenita come se disa en spezìn, fantasiose
derivazioni da “speranza” o da spésa, cioè luogo nel quale i
marittimi scendevano per fare la spesa, una specia di Conad o
Ipercoop medievale, o, come detto anni or sono durante la trasmissione
“Piacere Rai Uno”, che il nome della nostra città derivi dal commercio delle spezie: etimologia, è il caso di dire, tanto pepata quanto fantasiosa.
Veniamo, ora, al dibattuto caso del “La” che precede il nome
“Spezia”. Orbene, finché si usò, negli atti ufficiali, il latino, il
vocabolo Spedia non necessitava dell’articolo determinativo, inesistente
in quella lingua. Ma dall’inizio del ‘400 in poi, i documenti
ufficiali venivano scritti in volgare, e, con l’uso di quel linguaggio
(che poi è l’italiano), appare l’articolo “la” davanti al
toponimo, che, come vuole la grammatica, veniva declinato a
seconda dei casi in cui si usava. Viene quindi adoperata la forma
genitiva “dela” (come si vede, anche allora – 1407 – gli spezzini
snobbavano le consonanti doppie, o meglio “dopie”). Esempio:
“Ninguna persona ardisca lavare drapi in le fontane della speza,
zoè in la sprugola dela Spèza ni in lo suo canale”.
L’articolo “la” viene sempre adoperato nelle carte topografiche,
in cui il Golfo è detto “della Spezia”, con l’articolo al genitivo,
che compare già nel ‘300.
Tale uso corretto dell’articolo non era praticato soltanto
nella circoscritta zona locale, ma con tutti coloro che, residenti
in altre zone, avessero rapporti politici o commerciali con la
nostra cittadina. Abbondano, nelle corrispondenze con e dal
Senato genovese le indicazioni “la Spezia”, “della Specia”, “della
Specie” e, soprattutto l’uso, in corso di frase, dell’articolo scritto
con la elle minuscola. Infatti, secondo le regole grammaticali,
l’articolo va apposto con la maiuscola ad inizio di frase (es.:
“La Spezia, città della Liguria...”), ma con la elle minuscola nel
corso della frase (es.: “... dall’alto della Foce vedo la Spezia ed il
suo golfo”).
È noto che, secondo le regole della grammatica italiana, i
nomi di città rifiutano l’articolo, mentre il nostro lo ha. È una
eccezione che, come è noto, come tutte le eccezioni di cui sopra
conferma la regola. Riguarda, questa eccezione, l’Aquila, la
Maddalena ed altre 118 grandi e piccoli centri del nostro Paese
che si fregiano dell’articolo determinativo, a volte “la” a volte
“lo”, e, più raramente, “i” o “le”.
Non parliamo, poi, dei toponimi di città straniere, come “Il
Pireo” in Grecia, “Il Cairo” in Egitto, “La Mecca” in Arabia,
“L’Avana” a Cuba, “Le Havre” e “Le Mans” in Francia, “Los
Angeles” negli U.S.A., “La Coruña” in Spagna, ed altre ancora.
Se poi ci riferiamo alla nostra Provincia ed a zone contermini,
troviamo: L’Ago, la Sesta, il Muggiano, il Varignano, la
Chiappa, la Scorza, i Buggi, il Felettino, la Lizza, la Serra, il
Termo, il Vignale, la Strà, il Canaletto, senza contare che in dialetto
Cadimare era detto “a Cadamà”, come pure Manarola, “a
Manaèa”.
L’uso dell’articolo venne puntualmente esercitato, sia nella
lingua parlata che nello scritto, come dimostrano le corrispondenze
tra la Spezia ed il governo genovese, sia in tutte le pubblicazioni
letterarie, geografiche o descrittive, nelle quali il
toponimo è sempre indicato in tal modo.
Ma, dopo il 1815, da quando cioè l’intera Liguria fu, dal
Congresso di Vienna, letteralmente regalata ai Savoia – che da
secoli ne agognavano il possesso, fomentando innumerevoli
congiure – l’articolo, pian piano, fu eliminato dagli atti ufficiali,
con disappunto degli spezzini che l’avevano sempre considerato
parte integrante del toponimo. Il tutto poi peggiorò con
l’unificazione italiana, dopo la quale la zelante burocrazia, tanto
piemontese che italica, tolse l’articolo, come lo tolse alla città
dell’Aquila.
Gli spezzini dell’epoca cercarono di combattere la burocrazia
centrale, un rappresentante della quale, ai nostri amministratori
che gli avevano illustrato le ragioni per restituire l’articolo,
chiese perché mai, se le principali città italiane si contentavano
di stare senza articolo, proprio “Spezia” pretendesse tale
distinzione. A nulla valsero i richiami all’uso locale, ad una tradizione
plurisecolare, al linguaggio della zona: il toponimo
rimase, inesorabilmente, senza l’articolo.
Però gli autentici spezzini lo conservarono sempre nelle loro
carte notarili, nelle comparse in tribunale, negli atti privati,
nella corrispondenza e nella conversazione. Pensate che, invece,
nella carta intestata del Comune convivevano la dizione ufficiale
“Comune di Spezia” e quella “Città della Spezia”.
In seguito, con la costituzione della provincia, avvenuta nel
1923, le due diverse denominazioni ingenerarono confusioni
ed incertezze. Fu allora che l’Amministrazione Comunale, che
già nel 1893 aveva sollevato la questione, decise di prendere
posizione e rivendicare per il nome della città il diritto all’antico
articolo.
Nel giugno 1926 il Consiglio Comunale votò un ordine del
giorno con il quale si chiedeva che, con Regio Decreto, l’articolo
tornasse, per forza di legge, nelle forme consuete. Nel 1927
la Società d’incoraggiamento per l’educazione morale ed industriale,
fondata alla Spezia nel 1837, in occasione della fusione
con la società “A lavezàa”,1 diede luogo all’iniziativa suddetta,
suffragando la richiesta con innumerevoli citazioni ed attestazioni
di valenti studiosi. Nel 1930 il Prefetto richiese al Governo
del Re che volesse ufficialmente consacrare la denominazione
“La Spezia” al Comune capoluogo della omonima provincia.
Finalmente, il 2 aprile 1930, fu emanato il tanto sospirato decreto,
che così recita: “La denominazione del Comune di Spezia è
rettificata in La Spezia”. (L’Aquila, anch’essa privata dell’articolo,
lo riebbe nel ‘39, ridiventando “L’Aquila”).
Questa denominazione è stata anche ufficialmente riportata
nello Statuto comunale di pochi anni or sono.
Una nota curiosa: il nostro toponimo è maltrattato nelle
carte geografiche e topografiche: infatti, sulla “e” campeggia
un inequivocabile accento acuto, mentre, dato che il suono è
quello, dovrebbe essere grave. Quindi, secondo i cartografi
italiani, dovrernmo pronunciare la e di quel nome con la “e”
di pena (e sarebbe, almeno per me, proprio una pena pronunciarla
così: la Spézia).
Forse hanno seguito la pronuncia genovese, che stringe
quella vocale aggiungendo due zeta al nome: dicono “Spézza”.
Non parliamo, poi, di quello che io chiamo “il pasticcio
dell’ordine alfabetico”, ossia della collocazione nell’ordine
alfabetico del nome della nostra città: provate a consultare
una qualsiasi enciclopedia: vi troverete il nome alla lettera L
(La Spezia), in un’altra alla S (Spezia con, tra parantesi, un bel
“La”), in un’altra, ancora: La Spezia (vedi Spezia, La).
1 - A lavezàa si riferisce alla “cerimonia” del suono della campana che verso le 11 del mattino avvertiva le massaie che era l’ora di porre sul fuoco il “lavéza”, cioè il paiolo.
Comunque la storia del toponimo è giunta alla fine, non senza avervi accennato a quella di un noto quartiere, la Chiappa. Questo apparentemente strano nome deriva dalla forzata italianizzazione del vocabolo dialettale “ciapa”, che significa lastra di pietra (od anche, di vetro). Potrébbe, forse, derivare dalla presenza in loco, ai tempi romani ed altomedievali, di una pietra segnadistanza, che recava incisa la distanza da Roma. (Forse).1 Il fatto è che, data l’omofonia, cioè lo stesso suono tra il toponimo “chiappa” ed una parte del corpo umano, si ingenera un equivoco. Quindi un foresto, sentendo dire “S. Bernardo è il patrono della Chiappa”, potrebbe ritenere che sia un santo protettore di chi si fa fare iniezioni che, come è noto, possono esesere endovenose, ma anche endove-natiche.
Fonte: LE VIE DELLA SPEZIA - FRANCO LENA (EDIZIONI 5 TERRE)