MONUMENTO DI GIUSEPPE GARIBALDI
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Il 1° giugno 1913, ai giardini pubblici, nella zona occupata un tempo dal così detto “Prado dea Maìna” (prato della Marina), in una grande aiuola circolare – che in seguito fu coltivata a fiori, opportunamente disposti e rimossi ad opera dei giardinieri del Comune a seconda delle necessità di rappresentazione con, in una piccola zona all’uopo riservata, un vero e proprio calendario floreale che veniva aggiornato ogni mattina – fu inaugurato il monumento equestre a Giuseppe Garibaldi. Si tratta di un’opera visibile da tutto Corso Cavour (dato che è collocata proprio di fronte al punto in cui quel corso sfocia in via Chiodo), del peso di circa 40 quintali e poggiata su un alto basamento in pietra del Romito. Vi fu, al mattino di quel giorno, la cerimonia ufficiale di inaugurazione col discorso dell’ingegner Bentivegna mentre, al pomeriggio, vi fu una commemorazione dei così detti “partiti democratici” (Repubblicano, Radicale e Socialista); oratori Napoleone Colajanni e Luigi de Andreis (il primo era repubblicano). In data 4 giugno 1882, due giorni dopo la sua morte,era stato intitolato all’eroe dei due mondi il viale che fino ad allora era stato chiamato “via Militare”, per decenni di proprietà della Regia Marina, nonché, nel 1889, la piazza che sorge al termine di via del Prione verso la stazione ferroviaria. Ma, quando Garibaldi era ancora in vita (si era nel 1874), gli era stata intitolata una strada nell’antico centro cittadino, l’attuale via Calatafimi. Il monumento è opera dello scultore fiorentino Antonio Garella, è in bronzo ed è una specie di miracolo di equilibrio architettonico, perché il cavallo sul quale Garibaldi è in sella è rampante. Lo scultore ha voluto, in questa sua opera, disattendere consapevolmente i canoni sempre osservati in materia, perché l’effigiare il personaggio su di un cavallo rampante era di prammatica per chi era caduto in battaglia, mentre per quelli deceduti in seguito a ferite, il cavallo teneva sollevata una zampa. Per coloro che erano deceduti per cause naturali, come appunto Garibaldi, il cavallo doveva avere le quattro zampe sul basamento, come nel monumento esistente sul Gianicolo a Roma. Ma è giusto che sia stato fatto così com’è, perché il cavallo rampante rende pienamente l’idea dell’impeto di battaglia del Nizzardo. Purtroppo, attualmente e da molti (troppi) anni, sia il cavallo sia il cavaliere sono stati malamente conciati dalle piogge acide, tanto che il Comune, da almeno cinque anni, pensa di farne fare una copia (sempre in bronzo) da collocare al posto dell’originale da mettere al sicuro in superficie coperta. Ora è così incrostato di verderame da suscitare la cupidigia dei vignaioli che, forse, desidererebbero carteggiarlo per ricavarne il necessario “sorfato” per irrorarne le viti. Un' annotazione lepida: lo spiritaccio spezzino, sempre pronto a cogliere ogni occasione per un motto di spirito (in spezzino “mochéto”) ed anche permeato da un certo atteggiamento anticlericale che, specialmente a quell’epoca, era ancor vivo, preso atto dell’orientamento del monumento (la parte frontale verso viale Mazzini, la parte posteriore verso piazza Chiodo), chiosò: «I gh’à a fàcia verso Masini, e ’r cüo verso ’r Vatican». Così viene infatti chiamato quel grande palazzo porticato di [[PIAZZA DOMENICO CHIODO|piazza Chiodo] al piano terreno del quale vi è il “quartier generale” dell’Atc.