MODI DI DIRE SPEZZINI
Da wikiSpedia.
- MA TE ME PAI DE GESSO
(it: mi sembri di gesso) si dirà della gentile fidanzata/consorte che non mostra la benchè minima propensione al dialogo e alla capacità di comprendere che lo spezzino verace, alle 15 della domenica, deve essere o al Picco o nei pressi di una fonte mediatica di informazione (oggi anche il web).
- TE PIASSE UN PO' DE BEN
(it: ti prendesse un pò di bene) frase il cui intento è in genere l'esatto opposto,e che sarà rivolta al giovane scooterista che ha la pretesa di transitare comunque mentre folle di pedoni si affannano sulle strisce pedonali, cavalcando lo smarmittato e potente mezzo meccanico: il tutto nel terrore delle pensionate e nel relativo disprezzo del ghifone di turno (il vigle urbano).
- CHI GHE LA' D'OO, CHI GHE LA' D'ARGENTO E CHI GHE DA' DI CAUSSI DENTRO
(it: chi ce l'ha dorata, chi d'argento, chi la prende a calcioni) ci si riferirà alla fortuna ma anche a quella parte anatomica della quale la sempre attuale Mae West amava dire: molte donne sono sedute sulla loro fortuna, e non lo sanno: altre lo sanno perfettamente
- TE CAGA' N TER BOLACO
(it: hai fatto la cacchina nel barattolo) diremo all'amico che ci volta le spalle, o al collega che ci rifiuta la cortesia richiesta: la frase, all'apparenza volgare, promette vendetta.
- MA MEN BATO 'R BELIN
(it. me ne frego) sarà la risposta del minacciato
- TE' MANGIA' DE STRANGOGION
(it: hai mangiato molto in fretta) diremo del galantuomo dello Sprugola,o dell'elegante abitante di Piazza Brin, che per recarsi alla partita delle amate Aquile si ingozzano come struzzi rischiando, ma è un altra questione, UNO S-CIOPON.
- IE' CAITO N TER CANAO I NE' SE' FATO MANCO MAO
(it: è caduto nel canale ma non si è fatto nulla) antica frase ripetuta non di rado dai non spezzini che sono passati dalle parti nostre, spesso per comando militare,solo per segnalare la cadenza dell'idioma a loro dire curioso (magari provengono dalla Ciociaria, perciò...)
- ATO ITO OTO ETI DE TOTANETI
(it: ti ho detto otto etti di totanetti) idem come sopra: una frase così può aver senso solo in piazza o in pescheria.
- MIA CHI TE MIO
(it: guarda che ti guardano) fu anche il titolo di uno dei numerosissimi fogli, giornali è eccessivo, goliardici che uscirono a pacchi negli Anni Cinquanta -Sessanta del secolo scorso, dei quali oggi resiste ed esiste il solo Spezia's Confidential. Mia chi te mio sarà la frase detta, con più di un secondo fine, dal gentleman appostato davanti al Peola per segnalare a una giovane fanciulla avvenente che è sotto lo sguardo,insistente, di alcuni marinai di leva (oggi scomparsi col bar stesso, ridenominato in altro modo)e che solo fra le sue braccia potrà salvarsi.
- I PARENTI IEN COME I DENTI
(it: i parenti sono come i denti)....nell'estensione classica si aggiunge in genere anche la seconda parte: CIU' TE GHE NE' E CIU' I TE FAN MALE); in pratica, è la trasposizione di un concetto non completamente estraneo a molti nuclei familiari per i quali le dotte parole di Sant'Agostino ( beata solitudo, sola beatitudo) sono verità pura. In genere nella famiglia tipica spezzina (e non solo) il marito affermerà che sono i parenti della signora a rientrare nella categoria citata e, in osservanza alla più classica par condicio, altrettanto penserà la gentile signora in riferimento a quelli acquistati col matrimonio.
- MA FATE VEDE DA LANZAVECCHIA
(it. suggerisco una consulenza dal prof Lanzavecchia) sarà la frase che, con preoccupata partecipazione, inviterà l'amico e/o il compagno di lavoro e di merende a farsi vedere da un discendete scientifico dell'illustre luminare, che ai tempi del Ventennio curava i malati di mente gravi....più moderna, sbrigativa, e senza l'analoga empatia la similare FATE VEDE DA UNO BRAVO
- IE' COME ER CAN DER LECCIA
completata da ... CHE LO PRENDE NEL Cxxx E POI DISO CHE BECCIA (it: è proprio come il cane del sig Leccia, che dicono abbia grandi doti amatoriali, mentre in realtà si compiace di frequentare sessualmente altri cani maschi) proverbio antico, al punto che si sono perse le informazioni del padrone del cane,e che risente molto, è ovvio, dell'impronta omofoba dei tempi andati. Mah.
- IA PIA' NO S-CIAFON DE MANGHEBA
(it. ha ricevuto un violento manrovescio!) si dirà dello studente spezzino che, stanco dei rimproveri dei genitori,reagendo alle rimostranze per l'imprevisto 2 di matematica subirà uno schiaffone (almeno una volta, oggi il genitore rischia sei denuncie). Mangheba è una parola bellissima, composta da mano (man) e gheba (gobba), cioè la mano gobba, storta, o la mano sinistra per i destrimani; la mano storta intende descrivere sia lo schiaffo dato verso l'esterno del proprio corpo (il classico manrovescio, potente specialmente se inatteso) sia una mano posizionata in modo da colpire con forza...
- IE' ANDA' DA PINCETTI
(it: è andato dal sig Pincetti) o anche Pinceti, per alcuni. Frase che non si usa da decenni, inostri predecessori spezzini la utilizzavano a fine '800 e nei primi del XX secolo, per dire di chi era ospite delle patrie galere, all'epoca collocate in una casetta di Via Prione, dove i carcerati dialogavano coi passanti e il custode era solo uno: il signor Pincetti (o Pinceti).
- GUANTA NA MA-GIA
(it: agguanta una maglia) sarà la frase che verrà rivolta all'esagerato cantore delle proprie capacità, o gesta, di volta in volta sportive, amorose, di carriera ecc ecc. La frase deriva dal marinaresco agguanta una maglia della catena , cioè frena, fermati, e oggi si usa ancora per riportare su binari più quotidiani colui che le sta sparando grosse.