STATUE STELE
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Il mistero é la loro essenza. Sono le statue-stele — impropriamente dette statue-menhir e più riduttivamente "stele antropomorfe" — emerse misteriosamente dalla notte dei tempi ed approdate, da neppure duecento anni, alla nostra civiltà.
Da allora, da quando cioè la zappa o la vanga di un agricoltore rivoltando una zolla porta per la prima volta in luce, il 29 dicembre 1827, a Zignago di Lunigiana, una statua-stele considerata l'autorevole capostipite di un intrigante "corpus" statuario (circa sessanta stele antropomorfe, l'ultima delle quali la "Venelia 2", ritrovata nel 1984), le inquietanti pietre difendono il loro segreto.Infine le stele antropomorfe del gruppo C rivelano una notevole evoluzione nelle forme che culmina nella statua del guerriero della "Filetto 2" detta "Bocconi".
Benchè la zona principe dei ritrovamenti sia la Lunigiana — soprattutto quel solco fra Liguria, Toscana ed Emilia costituito dalla Val di Magra dove nel corso dei millenni s'incrociarono e si fusero numerose civiltà —, le statue-stele si trovano non soltanto in altre zone d'Italia (Valtellina, Val Camonica, Alto Adige, Piemonte, Sardegna), ma nell'intero continente europeo: dalla Francia alla penisola Iberica, dall'Inghilterra all'Est europeo, vale a dire in Romania, in Bulgaria e perfino in Russia.Per gli altri ritrovamenti fare riferimento alla pagina Wikipedia
Segno chiaro dell'appartenenza, sia pure attraverso una notevole variante tipologica, ad una grande idea religiosa fondamentale che già dal III millennio avanti Cristo, trenta secoli prima della conquista e dell'egemonia romana, aveva unificato le antiche popolazioni d'Europa. "Il culto delle statue-stele — scrive Augusto C. Ambrosi studioso spezzino di fama internazionale — si diffuse dalla fine del Neolitico, ebbe il suo massimo splendore nell'età del Bronzo, per apparire poi ai primordi dell'età del Ferro in Lunigiana".
Queste statue rappresentano cosi qualcosa di più di una singolarità della preistoria e della storia, ma sono elemento di primaria importanza per gettare uno spiraglio di luce su antiche popolazioni di cui si sa poco o nulla.Ma chi furono dunque questi nostri lontani progenitori e quale significato ebbero per loro le enigmatiche statue? Idoli di antiche divinità, monumenti funebri, ritratti totemici di capi e dignitari oppure simulacri magici?
Le ipotesi, nel corso degli anni, sono state tante, in un intreccio di teorie e di supposizioni, alla fine tutte o quasi sconfitte dalla impenetrabilità sibillina. Ai primi del Novecento, Ubaldo Mazzini e Manfredo Giuliani sostennero l’ipotesi dell'origine celtica delle stele, confutata, sulla base di dati cronologici e di raffronti con altri ritrovamenti avvenuti in Francia, da Ubaldo Formentini. Lo stesso studioso nel 1948 avrebbe demolita un'altra teoria, sostenuta nel 1935 da Pia Laviosa Zambotti che vide le statue-stele in collegamento con antichi popoli del gruppo "camitico-ibero-ligure" e che per prima interpreta le stele antropomorfe come espressione degli antichi culti della fecondità sacri alla Grande Madre, l'arcaica divinità mediterranea generatrice inesausta, rappresentata da idoli dalle forme abbondanti e mostruose. Proprio su questa "non-coincidenza" degli elementi, tipici delle dee della fecondità, con le caratteristiche delle statue-stele femminili lunigianesi, Ubaldo Formentini bolla come "inconcludente" l'ipotesi della Laviosa.Si deve al Formentini l'ipotesi più suggestiva: gli straordinari blocchi di arenaria più o meno abilmente scolpiti dalle mani di artisti primitivi, oltre ad essere la prima testimonianza d'arte delle nostre zone, esprimerebbero, con la loro identificazione fra la figura umana e la pietra, un'operazione di carattere magico. Cosi le statue-stele vengono ad essere collegate con il primordiale culto della pietra — intesa come simbolo di durezza e d'incrollabilità — appartenuto alle più antiche tradizioni dell'umanità attuale.
Nella pietra l'uomo arcaico vide infatti qualcosa non soltanto più duro di tutte le altre cose, ma addirittura capace di sopravvivere al tempo. Rozzamente vi cerca la possibilità di durare e di eternarsi: ne fece il simbolo dell'immortalità.Le statue-stele, singolari simulacri magici, potrebbero essere così una sfida allo scorrere inesorabile dei giorni, una patetica e ingenua opposizione all'inevitabile morire. Nelle sale silenziose del museo, tra sapienti giochi di luci soffuse, gli "Antichi" della stirpe di pietra sembrano dunque fissarci con i loro inquietanti occhi vuoti, e dalla distanza della loro durata millenaria forse commiserarci nel nostro effimero e fragile esistere. Loro, gli Immortali.
Fonte : "Cara Spezia" - Il Secolo XIX