MUSEO CITTADINO AMEDEO LIA

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Versione delle 14:43, 18 nov 2011

Il Museo Amedeo Lia è stato istituito nel 1995 e inaugurato nel dicembre 1996, grazie all'importante donazione di opere d'arte di Amedeo Lia e della sua famiglia. Comprendente dipinti databili dal XIII al XVIII secolo, miniature italiane e straniere del XIII al XVI secolo, culture e oggetti antichi, medievali e moderni. Tra questi spiccano i nuclei delle croci processionali, dei vetri, dei cristalli di rocca, degli smalti di Limoges, degli avori gotici e l'amplissima sezione dei bronzi. Il Museo ha sede nell'antico complesso della chiesa e del convento dei Frati di San Francesco da Paola, insediatisi alla Spezia nel primo quarto del XVII secolo. Entrati nella chiesa del complesso conventuale, oggi sala I del museo, ecco subito la bellissima Madonna col Bambino, legno policromo prodotto in Umbria nel XIII secolo e, a questa contrapposta, il busto femminile in argento dorato, opera del Rinascimento catalano. Quindi oggetti in avorio, gioielli antichi, paci, smalti limosiani, croci e crocifissi. Le miniature occupano la sala II, da cui si passa al primo piano interamente dedicato alla quadreria ad eccezione della sala III, dia ccesso, dove appare ordinato il nucleo archeologico. Superba la testa in calcare giallo, opera cipriota databile al V secolo a.C.. Quindi, nelle sale IV e V, le tavole due, tre, quattrocentesche, con vertici altissimi: Lippo di Benivieni, Bernabò Daddi, Pietro Lorenzetti, Bartolo di Fredi, Lippo Memmi, Paolo di Giovanni Fei, Sassetta, Sano di Pietro, Bicci di Lorenzo, Benedetto Bembo, Antonio e Alvise Vivarini, Giovanni Mazone. Per il Cinquecento si segnala la piccola rassegna dei ritratti dove spiccano il celebre Autoritratto di Pontormo, il Ritratto di Gentiluomo di Tiziano e il dipinto di Gentile Bellini, ospitati nella sala VII. I Caravaggieschi occupano una sezione cospicua della sala IX, dedicata al Seicento, così come Venezia e i suoi grandi interpreti emergono fra i dipinti settecenteschi della sala X: il nitore teatrale e scenografico di Michele Marieschi, l'equilibrio formale di Canaletto, i cieli vasti di Bellotto, le tremule e offuscate vedute di Francesco Guardi. Al secondo piano, nella sala XI, i bronzi, ottimamente rappresentati: Severo Calzetta da Ravenna, il Riccio, l'Antico, il Moderno, Roccatagliata, Ferdinando Tacca e gli ambiti o le botteghe di Baccio Bandinelli, Ammannati, Giambologna. Fra i vetri si segnala il nucleo archeologico della sala XII - nel quale troviamo la rarissima piccola bottiglia a bande d'oro di produzione imperiale - e quello sei e settecentesco- Quindi i cristalli di rocca, le maioliche, i coralli, le casse in pastiglia, le terrecotte. In conclusione la sala XIII o delle nature morte, prevalentemente seicentesche: Fede Galizia, Giacomo e Giuseppe Recco, Cristoforo Munari, il mazzo di tulipani di Andrea Belvedere, allegoria del fluire del tempo.

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