ANTONIO DA CARPENA

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Altra opera del Carpenino degna di ammirazione è il "Sant'Erasmo" in cui il grande Santo (ausiliatore) oriundo di [http://it.wikipedia.org/wiki/Antiochia Antiochia] e primo presunto Vescovo di Formia (la dovrebbe essere il corpo) ritratto in abiti vescovili, con l'argano a cui è attorcigliato un pezzo di intestino, sulla scia (seppur con molta minor evidenziazione) della composizione del grande Grunewald. L'opera è realizzata con sicurezza delineativa e con un impianto cromatico limpido ed armonioso.
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Altra opera del Carpenino degna di ammirazione è il "Sant'Erasmo" in cui il grande Santo (ausiliatore) oriundo di [http://it.wikipedia.org/wiki/Antiochia Antiochia] e primo presunto Vescovo di [http://it.wikipedia.org/wiki/Formia Formia] (la dovrebbe essere il corpo) ritratto in abiti vescovili, con l'argano a cui è attorcigliato un pezzo di intestino, sulla scia (seppur con molta minor evidenziazione) della composizione del grande Grunewald. L'opera è realizzata con sicurezza delineativa e con un impianto cromatico limpido ed armonioso.
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Versione delle 22:45, 7 set 2011

Se si escludono sporadiche citazioni in pubblicazioni notissime, come le "Memorie storiche di illustri scrittori e di uomini insigni dell'antica e moderna Lunigiana" dell'abate Emanuele Gerini e le "Notizie dei professori di disegno in Liguria" di Federico Alizeri, il primo ad aver dato alle stampe alcune fondamentali notizie sulla vita di Antonio da Carpena, detto il Carpenino, Ubaldo Mazzini, poeta, critico d'arte, studioso di ogni aspetto significativo della storia della Spezia, indagatore diligente e rigoroso del vasto ed importante archivio annesso alla Biblioteca Civica, a lui giustamente intitolata. Non casualmente il titolo della comunicazione del Mazzini sul Carpenino è "un pittore quasi ignoto del Cinquecento": trattasi di un articolo pubblicato nella prestigiosa "Rassegna Nazionale" fiorentina, nel fascicolo del 16 novembre 1905.

Dopo aver ricordato che proprio nei primi anni del nostro secolo, a cura della benemerita "Società di Incoraggiamento", si era tenuta un'esposizione retrospettiva di pittura con trecento (è il caso di sottolineare l'alto numero) tele e tavolette di tre artisti spezzini (e cioè Fossati, Valle e Pontremoli) e qualche quadro "superstite" del Carpenino, il Mazzini dà qualche ragguaglio di natura documentale sulla vita di Antonius Carpeninus Spediensis (cosi si firmava) figlio di Gianmaria e nativo di Carpena, sede dell'allora notissima Podesteria.

Si comincia col fare riferimento a un conto pagato dagli ufficiali della Comunità della Spezia il 30 dicembre 1530, appunto al Carpenino, per aver questi dipinto il gonfalone cittadino (in eius mercede pingendi banderam). Altra notizia, sempre tratta dall'Archivio Comunale (Diversorum Comunis), riguarda ancora un pagamento, questa volta per lavori eseguiti nell'occasione dell'arrivo alla Spezia di Papa Clemente VII. La prima data certa sull'attività pittorica del nostro artista riguarda l'opera più significativa e cioè l' "Apoteosi di San Nicola da Tolentino" (da non confondere, e bene precisarlo, con Niccolò da Tolentino, un capitano del XV secolo appartenente alla famiglia di uomini d'arme Maurizi della Sfacciola).

San Gerolamo
Apoteosi di San Niccolò da Tolentino
San Gerolamo - Particolare
Apoteosi di San Niccolò da Tolentino - Particolare

Su quest'opera, datata 1539 e collocata nella Sala del Consiglio Comunale della Spezia, si sono intrattenuti sia Ubaldo Mazzini che Ubaldo Formentini (quest'ultimo in una nota critica redatta poco prima della morte), il primo per metterne in risalto i pregi compositivi e cromatici; il secondo per affermare che l'influsso dell'arte del Raffaello è "tenue e indiretto". Sull’ “Apoteosi" vale la pena di intrattenerci, intanto per rilevare l'impianto narrativo complesso quanto mirabilmente equilibrato (ad esempio, fra il nucleo mistico in alto e il popolo supplicante in basso; fra le figure degli incoronanti — Dio, la Madonna e Sant'Agostino — e quella del Santo al centro del dipinto), oltre al raggiungimento di una cifra coloristica lieta quanto efficace. L'atmosfera dell'elevazione di S. Nicola da Tolentino (qui con l'abito degli Eremitani di Sant'Agostino nel cui ordine eccelse "per la carità, per lo zelo apostolico e per il dono dei miracoli") non è per nulla amplificata o dissociata da una fondamentale dimensione umana: tutto il primo piano — il religioso sul piedistallo, i due gruppi di popolo in adorazione — è realizzato con una pacatezza, anche coloristico-disegnativa, che testimonia non soltanto la chiarezza e la "cornice" dell'intento celebrativo del Carpenino, ma anche e soprattutto la volontà di evidenziare la purezza e l'entusiasmo devozionale del Santo che (e l'artista lo sapeva benissimo) fu oggetto di un processo di canonizzazione rapidissimo.

Altra opera del Carpenino degna di ammirazione è il "Sant'Erasmo" in cui il grande Santo (ausiliatore) oriundo di Antiochia e primo presunto Vescovo di Formia (la dovrebbe essere il corpo) ritratto in abiti vescovili, con l'argano a cui è attorcigliato un pezzo di intestino, sulla scia (seppur con molta minor evidenziazione) della composizione del grande Grunewald. L'opera è realizzata con sicurezza delineativa e con un impianto cromatico limpido ed armonioso.

Importante, anche perchè sicuramente assegnabile al Carpenino, il "San Gerolamo", già appartenente alla collezione del sarzanese Raimondo Lari, ora collocato nella sala della direzione della Biblioteca Civica "U. Mazzini" della Spezia: dell'opera — per la cui datazione tutte le ipotesi sono ancora da vagliare attentamente — si può dire che ne è chiara l'influenza fiamminga, segnatamente nel tipico paesaggio feudale della regione renana "in cui da una valle boscosa, umida e fonda il Santo impugna la pietra the è lo strumento della sua penitenza", come osserva acutamente il Formentini.

Altra opera, siglata e datata 1549, è quella posseduta dalla famiglia Castagnola Polvani: trattasi di un’ “Annunciazione" ricca di movimento (particolar¬mente nella figurazione dell' Arcangelo Gabriele) e di morbidezza, determinate non soltanto dal volto della Madonna, serena e dolce in attesa della conceptio Christi, ma anche dall'atmosfera complessiva del dipinto avvolto in una luce tenue quanto decisiva, con equilibri strutturali e cromatici degni di un pittore assolutamente maturo e tecnicamente più che valido. Da notare anche, sul fondo a sinistra, la nota paesaggistica (da interpretare anche come fonte interiore di luce) e l'assetto architettonico complessivo del dipinto in cui le due figure sono inserite con semplice quanto perentoria simmetria.

Ubaldo Mazzini dà notizia, sempre nella sua nota del 1905, di una commissione del sarzanese Filippo Griffi al Carpenino: l'opera, datata 1541 e andata dispersa nel XVII secolo, fu rintracciata grazie ad una notizia di Achille Neri. Il quadro, agli inizi del nostro secolo, si trovava presso la famiglia Podestà, precisa Mazzini, "mancante della lunetta (ove avrebbe dovuto essere rappresentata la Pietà con S. Francesco e S. Gerolamo) e mal restaurato". II Gianelloni parla dell'affresco "strappato" nel 1960 (e ora collocato nella chiesa parrocchiale di Nostra Signora del Soccorso in Vezzano Ligure) sul muro che univa l'antichissima Pieve di San Siro (XIII secolo) all'oratorio di S. Antonio della Confraternita: dell'opera, attribuita da molti, oltre che dal Gianelloni, al Carpenino, è rimasto solamente l'Angelo in cui lo studioso vezzanese rileva "grazia, eleganza e raffinatezza stilistica".

Opera certa del Carpenino, una Madonna della Misericordia datata 1542 detta anche "Tavola di Recco"; risulta da notizie del Formentini e del Donati di proprietà del Convento dei Padri Riformati della ridente antica Ricina. Altra attribuzione al Carpenino — sostenuta particolarmente dal compianto Mario N. Conti — riguarda la "Madonna col Bambino, S. Pietro, S. Giovanni Battista, S. Antonio da Padova e S. Gerolamo" collocata in S. Francesco a Sarzana ("Inventario dei Beni culturali (dipinti) della provincia della Spezia" redatto e edito nel 1975).

Sulla maniera del Nostro, molti sono i tentativi d’ incasellamento: si parla di influenze del Perugino (sostenute dallo Spotorno e negate dal Mazzini); di comunanze con Teramo Piaggio e Antonio Semino; di vicinanze compositive con l'Angelico ed il Botticelli (Gianelloni). La più diffusa delle tesi — anche se il discorso critico è ancora del tutto aperto a varie e, ovviamente, più approfondite definizioni — parla di prevalenti (ma non esclusivi) modi tosco-umbri e segnatamente raffaelleschi: la tesi è credibile anche se occorre far notare che il Carpenino ha mostrato di non sottovalutare anche certi indirizzi del "tradizionalismo pittorico ligure" (U. Formentini) con apporti nel contempo lombardi e romani.



Fonte : "Cara Spezia" - Il Secolo XIX

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