PIGNONE
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- | ''Atun con i suoi pastori risaliva il torrente verso il passo, era un ’alba chiara appena bordata di rosso, quando fosse stato giorno pieno sarebbero giunti in vista del mare. Avevano bivaccato giù nella valle con il gregge al riparo dei muretti ed erano insonnoliti per i turni di guardia, appoggiati alle picche dalla punta di selce per guardarsi dai lupi`, ma soprattutto da qualche sconsiderato che volesse trafugare un paio di agnelli. Venivano dai monti al di là del tiume e di un ’altro ancora, e cervavano i pascoli per l’inverno ed anche procacciarsi il sale con qualche baratto. Avevano commerciato con gli uomini del "castellaro": un po' di carne secca di maiale, qualche pelle di montone ed un paio di vasi, ma con loro era difficile fare grandi affari. Erano però ospitali, avevano offerto loro carne arrostita su lastre di pietra rovente il cui odore era ancora nelle narici ed aveva fatto uggiolare i cani. Ricordava ancora quella donna dagli occhi scuri, vivaci che guardava il suo bracciale di rame, ma quello non era merce di baratto, come per gli altri non erano da barattare quei sassi magici neri e pesanti che piovevano dal cielo che lo "sciamano" locale non voleva che neppure toccassero...'' | + | ''Atun con i suoi pastori risaliva il torrente verso il passo, era un ’alba chiara appena bordata di rosso, quando fosse stato giorno pieno sarebbero giunti in vista del mare. Avevano bivaccato giù nella valle con il gregge al riparo dei muretti ed erano insonnoliti per i turni di guardia, appoggiati alle picche dalla punta di selce per guardarsi dai lupi`, ma soprattutto da qualche sconsiderato che volesse trafugare un paio di agnelli. Venivano dai monti al di là del tiume e di un ’altro ancora, e cervavano i pascoli per l’inverno ed anche procacciarsi il sale con qualche baratto. Avevano commerciato con gli uomini del "castellaro": un po' di carne secca di maiale, qualche pelle di montone ed un paio di vasi, ma con loro era difficile fare grandi affari. Erano però ospitali, avevano offerto loro carne arrostita su lastre di pietra rovente il cui odore era ancora nelle narici ed aveva fatto uggiolare i cani. Ricordava ancora quella donna dagli occhi scuri, vivaci che guardava il suo bracciale di rame, ma quello non era merce di baratto, come per gli altri non erano da barattare quei sassi magici neri e pesanti che piovevano dal cielo che lo "sciamano" locale non voleva che neppure toccassero...'' |
+ | Questo potrebbe essere il "diario" non scritto ma raccontato di una lunga notte d'invemo da un pastore che dalla Padania, durante la transumanza, venisse al mare passando vicino a quello che poi sarebbe stato il borgo di Pignone. Raggiungibile da Monterosso e dall'Aurelia è per la sua posizione, oggi quasi riservata sul torrente omonimo, un punto nodale viario e strategico dalla preistoria alla romanità, dal medioevo ad oggi. Questa importanza e certificata dai ritrovamenti archeologici sul monte Castellaro, urne cinerarie, vasi grandi e piccoli per esigenze alimentari e di conservazione, avanzi di allevamenti di maiali ed infine i "trun" (tuono), come sono chiamati dagli abitanti di oggi, frammenti di meteoriti sferoidali probabilmente legati a qualche culto naturalistico. Durante la dominazione romana Pignone fu un "pago" da cui derivò nell'ordinamento ecclesiastico il centro plebano omonimo. Questa presenza romana è certificata dalla scoperta di una bella testa virile in marmo probabilmente in età repubblicana. La testa marmorea presenta una fuggevole nota di dolore ed è cinta di alloro. l Romani anche se presenti non lasciarono grandi tracce, il loro ordinamento guardava soprattutto alle pianure, la loro presenza qui era solo per assicu- rare la transitabilità delle vie e la pace interna. Comunque nella zona è ricordata la presenza di quattro ponti forse inoltre esistono ancora gli archi di un acquedotto ed oltre Soviore, nei lavori stradali, sono state trovate condutture in ardesia ed in cotto. L'origine del nome Pignone è controversa, scartata la più ovvia che provenga "pigna" secondo la glottologa Petracco Siccardi deriverebbe dal tardo latino "pinionis" riferito ad un particolare profilo orografico, ma vi è chi chiama in causa il pignone del ponte, tesi che ha analogia in Toscana, nei pressi di Firenze esiste un "Pignone" in riva all'Arno. La voce Pignone appare nel 1149 nella bolla di Eugenio III ma secondo Tomaini già nell'881 Carlo il Grosso cita il torrente "Pivione" e forse si tratta di un errore di trascrizione. Leggende locali, parlano di una presenza di Attila in zona, precisamente in località "Bastia"; ma questa valle è tutta un teatro di avvenimenti e fatti, come e un inesauribile giacimento di piccoli ma interessanti reperti archeologici che vanno dalla età della pietra al basso medioevo. Di epoca medioevale nel capoluogo di Pignone è il monumento più importante, la Pieve, costruita sul precedente edificio paleo-romanico, monumento che riporta i canoni dell'arte monastica gotica di tipo umbro toscano differenziata dai modelli gotici presenti negli altri centri delle Cinque Terre. Nella pieve paleoromanica sostò Arrigo VII di Lussemburgo, imperatore del sacro romano impero, nel 1313 durante il suo viaggio da Genova a Pisa. Altro monumento è la loggia tardo medioevale ove nel 1465 i pignonesi si prestarono giuramento di fedeltà a Francesco Sforza duca di Milano. Notevole nei dintorni di Pignone è il borgo di Corvara con la sua Chiesa parrocchiale di S. Michele ricostruita nel XIII secolo: anche in questo caso la torre campanaria fa pensare ad una antica opera di difesa risalente al basso impero o all'alto medioevo. ll castello di Corvara fu sempre origine di dure contese: nell'XI secolo Corvara divenne castello estense, nel 1163 Federico Barbarossa lo assegnò al marchese Obizzo Malaspina il grande, dopo i Malaspina fu uno snodarsi di conquistatori, dagli imperiali di Oberto Palavicino ai Fieschi, dai Vescovi di Luni ai genovesi ed a Castruccio Castracani che, come Dante e Garibaldi da queste parti deve essere stato ogni dove. Tutte le storie di questa valle hanno avuto un cronista d'eccezione: il pittore Gino Bellani che a Pignone ha dedicato notevole impegno di ricerca storica ma soprattutto ne ha interpretato nei suoi dipinti aspetti che solo un profondo conoscitore ed uno spirito innamorato poteva scoprire ed esprimere. |
Versione delle 12:46, 20 lug 2011
Atun con i suoi pastori risaliva il torrente verso il passo, era un ’alba chiara appena bordata di rosso, quando fosse stato giorno pieno sarebbero giunti in vista del mare. Avevano bivaccato giù nella valle con il gregge al riparo dei muretti ed erano insonnoliti per i turni di guardia, appoggiati alle picche dalla punta di selce per guardarsi dai lupi`, ma soprattutto da qualche sconsiderato che volesse trafugare un paio di agnelli. Venivano dai monti al di là del tiume e di un ’altro ancora, e cervavano i pascoli per l’inverno ed anche procacciarsi il sale con qualche baratto. Avevano commerciato con gli uomini del "castellaro": un po' di carne secca di maiale, qualche pelle di montone ed un paio di vasi, ma con loro era difficile fare grandi affari. Erano però ospitali, avevano offerto loro carne arrostita su lastre di pietra rovente il cui odore era ancora nelle narici ed aveva fatto uggiolare i cani. Ricordava ancora quella donna dagli occhi scuri, vivaci che guardava il suo bracciale di rame, ma quello non era merce di baratto, come per gli altri non erano da barattare quei sassi magici neri e pesanti che piovevano dal cielo che lo "sciamano" locale non voleva che neppure toccassero... Questo potrebbe essere il "diario" non scritto ma raccontato di una lunga notte d'invemo da un pastore che dalla Padania, durante la transumanza, venisse al mare passando vicino a quello che poi sarebbe stato il borgo di Pignone. Raggiungibile da Monterosso e dall'Aurelia è per la sua posizione, oggi quasi riservata sul torrente omonimo, un punto nodale viario e strategico dalla preistoria alla romanità, dal medioevo ad oggi. Questa importanza e certificata dai ritrovamenti archeologici sul monte Castellaro, urne cinerarie, vasi grandi e piccoli per esigenze alimentari e di conservazione, avanzi di allevamenti di maiali ed infine i "trun" (tuono), come sono chiamati dagli abitanti di oggi, frammenti di meteoriti sferoidali probabilmente legati a qualche culto naturalistico. Durante la dominazione romana Pignone fu un "pago" da cui derivò nell'ordinamento ecclesiastico il centro plebano omonimo. Questa presenza romana è certificata dalla scoperta di una bella testa virile in marmo probabilmente in età repubblicana. La testa marmorea presenta una fuggevole nota di dolore ed è cinta di alloro. l Romani anche se presenti non lasciarono grandi tracce, il loro ordinamento guardava soprattutto alle pianure, la loro presenza qui era solo per assicu- rare la transitabilità delle vie e la pace interna. Comunque nella zona è ricordata la presenza di quattro ponti forse inoltre esistono ancora gli archi di un acquedotto ed oltre Soviore, nei lavori stradali, sono state trovate condutture in ardesia ed in cotto. L'origine del nome Pignone è controversa, scartata la più ovvia che provenga "pigna" secondo la glottologa Petracco Siccardi deriverebbe dal tardo latino "pinionis" riferito ad un particolare profilo orografico, ma vi è chi chiama in causa il pignone del ponte, tesi che ha analogia in Toscana, nei pressi di Firenze esiste un "Pignone" in riva all'Arno. La voce Pignone appare nel 1149 nella bolla di Eugenio III ma secondo Tomaini già nell'881 Carlo il Grosso cita il torrente "Pivione" e forse si tratta di un errore di trascrizione. Leggende locali, parlano di una presenza di Attila in zona, precisamente in località "Bastia"; ma questa valle è tutta un teatro di avvenimenti e fatti, come e un inesauribile giacimento di piccoli ma interessanti reperti archeologici che vanno dalla età della pietra al basso medioevo. Di epoca medioevale nel capoluogo di Pignone è il monumento più importante, la Pieve, costruita sul precedente edificio paleo-romanico, monumento che riporta i canoni dell'arte monastica gotica di tipo umbro toscano differenziata dai modelli gotici presenti negli altri centri delle Cinque Terre. Nella pieve paleoromanica sostò Arrigo VII di Lussemburgo, imperatore del sacro romano impero, nel 1313 durante il suo viaggio da Genova a Pisa. Altro monumento è la loggia tardo medioevale ove nel 1465 i pignonesi si prestarono giuramento di fedeltà a Francesco Sforza duca di Milano. Notevole nei dintorni di Pignone è il borgo di Corvara con la sua Chiesa parrocchiale di S. Michele ricostruita nel XIII secolo: anche in questo caso la torre campanaria fa pensare ad una antica opera di difesa risalente al basso impero o all'alto medioevo. ll castello di Corvara fu sempre origine di dure contese: nell'XI secolo Corvara divenne castello estense, nel 1163 Federico Barbarossa lo assegnò al marchese Obizzo Malaspina il grande, dopo i Malaspina fu uno snodarsi di conquistatori, dagli imperiali di Oberto Palavicino ai Fieschi, dai Vescovi di Luni ai genovesi ed a Castruccio Castracani che, come Dante e Garibaldi da queste parti deve essere stato ogni dove. Tutte le storie di questa valle hanno avuto un cronista d'eccezione: il pittore Gino Bellani che a Pignone ha dedicato notevole impegno di ricerca storica ma soprattutto ne ha interpretato nei suoi dipinti aspetti che solo un profondo conoscitore ed uno spirito innamorato poteva scoprire ed esprimere.