LA MITILICOLTURA

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Negli ultimi anni abbiamo seguito da vicino le vicissitudini dei mitilicoltori, le preoccupazioni dell'allora presidente della cooperativa "La Proletaria" Mario Corsini e degli operatori del settore: Papocchia e Panarelli, la progettazione dello stabulatore per la depurazione dei mitili imposta dalla normativa della legge 192 del 1977 e la ricerca dei mezzi economici per la costruzione, veramente ingenti per una categoria di artigiani. Lo stabulatore affidato alla Mitilicoltori Associati oggi da piena sicurezza sanitaria al prodotto, e garanzia anche organolettica, cioè lascia immutato, e questo è importante, anche il caratteristico sapore.  Comunque i controlli delle zone acquee destinate alla mitilicoltura assicurano che queste rientrano nella categoria delle acque "approvate" ovvero la categoria più salubre, secondo le severe classificazioni della legge cioè con un tasso inferiore ai tre colibatteri per cento millilitri di acqua marina. Oggi accanto alla mitilicoltura si sta pensando di utilizzare alcuni siti del golfo per esperimenti e poi impianti di acquacoltura, in pratica allevamenti intensivi di pesci su scala industriale, pesci di specie pregiate ad alta commerciabilità. Questa è una delle sfide della biologia marina ai grandi problemi dell'alimentazione e, considerata la particolare posizione geografica del nostro golfo, è questo un campo che merita particolare attenzione.   
Negli ultimi anni abbiamo seguito da vicino le vicissitudini dei mitilicoltori, le preoccupazioni dell'allora presidente della cooperativa "La Proletaria" Mario Corsini e degli operatori del settore: Papocchia e Panarelli, la progettazione dello stabulatore per la depurazione dei mitili imposta dalla normativa della legge 192 del 1977 e la ricerca dei mezzi economici per la costruzione, veramente ingenti per una categoria di artigiani. Lo stabulatore affidato alla Mitilicoltori Associati oggi da piena sicurezza sanitaria al prodotto, e garanzia anche organolettica, cioè lascia immutato, e questo è importante, anche il caratteristico sapore.  Comunque i controlli delle zone acquee destinate alla mitilicoltura assicurano che queste rientrano nella categoria delle acque "approvate" ovvero la categoria più salubre, secondo le severe classificazioni della legge cioè con un tasso inferiore ai tre colibatteri per cento millilitri di acqua marina. Oggi accanto alla mitilicoltura si sta pensando di utilizzare alcuni siti del golfo per esperimenti e poi impianti di acquacoltura, in pratica allevamenti intensivi di pesci su scala industriale, pesci di specie pregiate ad alta commerciabilità. Questa è una delle sfide della biologia marina ai grandi problemi dell'alimentazione e, considerata la particolare posizione geografica del nostro golfo, è questo un campo che merita particolare attenzione.   
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Fonte: Cara Spezia vol I
Fonte: Cara Spezia vol I

Versione delle 16:13, 14 lug 2011

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La mitilicoltura alla Spezia ha più di cento anni ma non li dimostra. Forse in effetti ne ha parecchi di più perché questi gustosi molluschi, nelle varie specie con le quali sono presenti nel nostro golfo, sono da secoli prodotti, apprezzati e ricercati per le tavole di poveri e ricchi. A parte ricordi romani e preromani di cui sono testimonianza la raffigurazione di "frutti di mare" in mosaici e bassorilievi presenti nei reperti archeologici rinvenuti durante gli scavi di Luni, un documento dell'imperatore Ottone imponeva alle comunità di Ameglia e Vezzano, alla foce del Magra, in occasione delle sue presenze nella zona, di fornire uno "scudo" colmo di datteri di mare. Venendo ad epoche più recenti, è noto che la mitilicoltura era già praticata agli inizi del diciannovesimo secolo, ed il commercio favorito dall'apertura delle strade napoleoniche per Lerici e Portovenere, era già fiorente. I mitili eduli da alimento popolare di pescatori, divenne cibo apprezzatissimo delle colonie inglesi stabilitesi nell'800 sul Golfo e delle quali furono notissimi rappresentanti i poeti Byron e Shelley. Tutt'oggi i mitili nel Golfo della Spezia rappresentano un'importante voce dal punto di vista commerciale, non solo per il consumo locale e per l'ampia esportazione, ma anche come attrazione turistica considerata l'innumerevole varietà di vivande che con questi si possono preparare, dagli antipasti ai primi e secondi piatti, ai quali si accompagna naturalmente il vino bianco secco delle nostre Cinque Terre. L'allevamento industrializzato, se di industria si può parlare, meglio di artigianato altamente specializzato, iniziò alla Spezia nel 1887; ne furono promotori due naturalisti: il professor Arturo lssel, che indicò il nostro golfo come luogo privilegiato per l'allevamento, ed il professor Davide Carazzi che indirizzò il primo ostricoltore della zona, il tarantino Emanuele Albano. Accanto alla produzione delle ostriche si sviluppò la mitilicoltura, anche questa per iniziativa di tarantini di cui si ricordano i nomi: Fago, Martera, D'lppolito, Papocchia, a cui si affiancarono gli spezzini: Carozzo, Borio, Guidi, Di Francesco, Godani, Majoli. Sino all'ultimo conflitto la Mitilicoltura, con le sue caratteristiche palificazioni emergenti dalla superficie del mare ed i suoi "pergolari" immersi, era praticata negli specchi d'acqua più interni del golfo, sia nel lato est, nella zona prospiciente Canaletto e Fossamastra, sia sul lato ovest da Cadimare, appena fuori dalla darsena dell'Arsenale Militare sino a Fezzano, Le Grazie, Portovenere. Successivamente, l'ampliarsi del porto mercantile e lo sviluppo industriale, l'accentuarsi dell'inquinamento fognario nella parte più interna del golfo e motivi prudenziali successivi all'epidemia colerica del 1973 hanno necessitato il trasferimento degli impianti verso l'imboccatura del golto a ridosso della diga foranea e nei seni di Portovenere-Olivo, Canale di Portovenere ed isola Palmaria. Tutto questo è costato un notevole danno economico a questa categoria di modesti artigiani, e non solo economico, anche vero disagio in quanto l'allontanarsi degli approdi tradizionali rendeva meno agevole il lavoro che per buona parte avviene sulle barche di raccolta e tutto manualmente.

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Negli ultimi anni abbiamo seguito da vicino le vicissitudini dei mitilicoltori, le preoccupazioni dell'allora presidente della cooperativa "La Proletaria" Mario Corsini e degli operatori del settore: Papocchia e Panarelli, la progettazione dello stabulatore per la depurazione dei mitili imposta dalla normativa della legge 192 del 1977 e la ricerca dei mezzi economici per la costruzione, veramente ingenti per una categoria di artigiani. Lo stabulatore affidato alla Mitilicoltori Associati oggi da piena sicurezza sanitaria al prodotto, e garanzia anche organolettica, cioè lascia immutato, e questo è importante, anche il caratteristico sapore. Comunque i controlli delle zone acquee destinate alla mitilicoltura assicurano che queste rientrano nella categoria delle acque "approvate" ovvero la categoria più salubre, secondo le severe classificazioni della legge cioè con un tasso inferiore ai tre colibatteri per cento millilitri di acqua marina. Oggi accanto alla mitilicoltura si sta pensando di utilizzare alcuni siti del golfo per esperimenti e poi impianti di acquacoltura, in pratica allevamenti intensivi di pesci su scala industriale, pesci di specie pregiate ad alta commerciabilità. Questa è una delle sfide della biologia marina ai grandi problemi dell'alimentazione e, considerata la particolare posizione geografica del nostro golfo, è questo un campo che merita particolare attenzione.


Fonte: Cara Spezia vol I

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